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Gli albergatori esultano! Anche se ancora ci vorrà un po’ di tempo per vincere la “guerra”, il primo mattoncino per affrontare la parity rate è stato posato.

L’aula della Camera ha approvato il 6 ottobre (434 voti a favore e 4 contrari) il cosiddetto “emendamento Booking“: le strutture ricettive potranno gestire sul proprio sito internet il prezzo delle camere, anche decidendo di farlo con un prezzo inferiore rispetto a quello impostato, sulla stessa camera, su Booking.com.

Ora che il disegno di legge è stato approvato, la palla passa al voto definitivo del Senato che è alle prese con la legge di stabilità.

La controproposta di Booking non ha convinto pienamente

Il 21 aprile 2015 l’Antitrust italiana, dopo Svezia e Francia, accetta la proposta di Booking.com: ok parity rate, ma solo per i siti internet delle strutture ricettive, mentre attraverso altri canali (tipo email, telefono…) gli alberghi potevano proporre tariffe inferiori a quelle pattuite e caricate sui portali.

Il Parlamento, però, è andato anche più avanti. Grazie ad un emendamento presentato del deputato riminese Tiziano Arlotti (Pd), appena il DDL diventerà legge, gli hotel potranno gestire le tariffe anche sui loro siti personali ed ufficiali.

Come affrontare attualmente la parity rate

In realtà qualche espediente per aggirare l’annosa questione esiste già.

Un esempio è il caso in cui un albergatore può decidere il numero e la tipologia di camere da mettere in vendita sui portali e non ha l’obbligo di riconoscere ad essi particolari privilegi. O meglio, una struttura ricettiva può già inserire camere “generiche” su Booking.com e magari camere “economiche” sul proprio sito, applicando quindi prezzi diversi, anche se, sulla carta, associati ad una qualità di servizi diversa.

Alcuni grandi gruppi di hotel, invece, iscrivono i clienti ad un “circuito fedeltà”, una sorta di club grazie al quale si possono ottenere prezzi più bassi.

Insomma, tutti questi espedienti presto potrebbero non servire più!

Aspettiamo il Senato e incrociamo le dita.