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imparare a usare i social aziendali grazie alla Romagna

Ci sono tanti modi per passare dei concetti teorici da applicare a marketing e comunicazione ma, sicuramente il metodo più efficace è quello di far leva su esempi e casi concreti. Durante la preparazione del mio intervento a Camp Me Up 2018, dal titolo “Social Marketing: talmente facile da rischiare di sbagliare tutto”, ho cercato e ricercato casi di studio interessanti che potessero incuriosire il pubblico e aiutare la comprensione.

E, proprio mentre stavo mollando, affidandomi ai “classici” esempi presi online, ho avuto la folgorazione tra un morso e l’altro ad una piadina: la Romagna. Con le sue doti e i suoi cliché mi è sembrata ricca di esempi social fuori dai social e quindi ho deciso di provarci.

Una decina di risposte a domande prese dalla vita quotidiana che rispecchiano fedelmente cosa bisognerebbe (o non bisognerebbe) fare della propria azienda sui social.

L’intervento è durato due ore quindi ti riporto le tre più significative ma, a fondo pagina, potrai scaricare le slide complete gratuitamente. A questo punto direi di cominciare.

La domanda di chi non sa se ne vale la pena

Chiedersi se è il caso di entrare nella grande arena dei social network è la prima fondamentale questione che un’azienda si pone, una volta capito che non si tratta di giochini ma di strumenti concreti. Da un lato c’è la voglia di incrociare luoghi virtuali nei quali ogni giorno “passano” moltissime persone, dall’altro c’è il timore di non saper approcciare gli strumenti con l’effetto di non ottenere alcun risultato.

La risposta è che dipende se sanno cosa farsene di questi profili. Anche il noleggiatore di risciò o l’uomo del “cocco bello” possono ottenere tanto dai social se trovano una chiave comunicativa e di marketing che gli possa far intercettare il proprio pubblico. Pensate al primo, il noleggiatore di risciò: se attraverso la sua pagina Facebook riuscisse a ricreare l’esperienza di alcuni luoghi speciali che si possono raggiungere con questo particolare mezzo potrebbe incontrare il gradimento e il desiderio di vivere l’esperienza di moltissimi turisti.

L’esempio riportato è Sebach (che di Romagnolo non ha niente ma tant’è) che è riuscita a trovare una strategia vincente anche se tratta wc chimici.

La domanda di chi vuol capire come iniziare

Come porsi agli utenti è un altro grande dilemma. Spogliarsi di certe formalità, scendere allo stesso livello degli utenti che vorremo diventassero nostri clienti e trovare un modo di approcciarsi sono passaggi obbligati per niente facili ma necessari. E quindi abbiamo affrontano un’altra spinosa questione:

In questo caso la miglior risposta non era un esempio ma l’inserimento di un concetto teorico, il “tone of voice” ovvero il tono di voce che deve essere definito prima di cominciare a comunicare su un profilo social. Si tratta di trovare un sostanziale equilibrio tra le caratteristiche dei nostri utenti, il linguaggio che meglio ci rappresenta, il nostro modo di porci abitualmente con l’utente e l’obiettivo che vogliamo dare alle nostre comunicazioni.

La domanda di chi cerca di capire se sta andando bene

Una volta messi insieme tutti gli elementi e iniziate le pubblicazioni è necessario fare i conti con i risultati e con gli errori. Ho preso un caso specifico di un’attività che si è mossa bene dal punto di vista dell’engagement ma che mostra alcune criticità osservandola bene e in profondità.

Se osservi con attenzione, i commenti delle persone non sono del tutto positivi e nell’esempio specifico si racconta come, per la voglia di raggiungere tanto pubblico, si finisce per non centrare il target adatto per un determinato messaggio.

Usando la parola tortellini invece di cappelletti ed inserendo nel target la zona di Bologna si scatena il più classico degli effetti boomerang. Un errore tipico di quella mentalità che ci ha inculcato la televisione che ci porta a voler raggiungere quante più persone possibile invece di voler raggiungere le persone giuste.

E poi via via tutti gli altri esempi. Una carrellata di situazioni che fanno parte del quotidiano a cui abbiamo associato alcuni importanti concetti teorici tra cui il piano editoriale, il piano marketing, il piano business e molto molto altro.

Un mix essenziale di elementi che ci ha condotto verso alcune conclusioni essenziali:

  • I social possono essere utili al nostro lavoro se sappiamo a cosa ci servono.
  • Lavorare sui social è un lavoro e come ogni lavoro richiede risorse e competenze.
  • L’unico modo per capire se funzionano è lavorarci giorno dopo giorno, partendo da basi strategiche ben solide.

A questo punto penso che avrai capito quanto effettivamente si può capire qualcosa in più dei social guardando la Romagna e i suoi esempi. Ma se non ti ho ancora convinto, a questo link trovi tutte le slide presentate a Camp Me UP.

Scaricale, guardale e se qualcosa non ti è chiaro sentiamoci. Sarò ben contento di venire a presentarle nella tua azienda, in un corso che vuoi organizzare o dove preferisci.